sabato 11 ottobre 2014

Genova ancora sott'acqua. Perché e cosa si può fare?

A soli 3 anni dall'ultima alluvione, Genova è di nuovo alle prese con allagamenti, danni e, purtroppo, anche morti. Non è sicuramente la prima volta che Genova ha questo tipi di problemi: molte alluvioni si sono registrate anche nei decenni passati, basta pensare alla famosa canzone di De Andrè "Dolcenera" che come sfondo ha l'alluvione avvenuta nel '70.

Da un lato ci sono elementi costanti che determinano le alluvioni, come il posizionamento particolare della città col mare a sud e le montagne a nord, o addirittura peggiorati negli anni (cementificazione e canalizzazione dei corsi d'acqua), e dall'altro alcuni elementi a livello sinottico possono essere differenti. Tuttavia, quasi sempre in questi casi le correnti in quota sono da sud-ovest e i venti a terra meridionali. Non è un caso anche che queste situazioni si verifichino quasi sempre a fine estate o in autunno, nel periodo dove il mare è più caldo e può fornire maggiore energia a questi eventi.


La difficoltà di previsione in questi casi risiede nel fatto che questi nubifragi non sono collegati a vere e proprie perturbazioni organizzate o a fronti ben individuabili con molti giorni di anticipo. Le carte principali infatti possono darci solo alcuni indizi perché hanno una "maglia di risoluzione" bassa per prevedere questi fenomeni molto intensi, ma anche molto localizzati. Le carte più utili in questi casi sono quelle con risoluzione spaziale più alta (chiamate LAM), le quali possono dare indizi più precisi (avendo queste caratteristiche, però, sono disponibili solo per previsioni a pochi giorni di distanza, 2-3 massimo). Non mi dilungo sui differenti modelli matematici, molti siti danno esaurienti informazioni, come ad esempio questo sito.

Alluvione di Genova nel 2011. Non c'è un sistema organizzato, un fronte vero e proprio nelle situazione di inondazioni improvvise. La sinottica in questo caso vede una vasta area depressionaria che influenza l'Europa occidentale, mentre sull'Italia settentrionale sono presenti deboli correnti da sud-ovest in quota e sciroccali al suolo. Questi tipi di modelli non riescono a vedere fenomeni intensi ma allo stesso tempo estremamente localizzati.
Naturalmente più l'evento estremo e circoscritto si avvicina nel tempo e più è probabile che esso venga identificato o comunque, anche se non si conosce esattamente la zona dove questo impatterà, è possibile stimarne un'area a rischio relativamente vicina.

Ma allora come si potrebbe fare per allertare la popolazione? Dal mio punto di vista bisognerebbe trattare questi fenomeni come si trattano le allerte per i tornado negli USA. Anche in quel caso nei giorni precedenti non si sa bene dove essi si formeranno e dove impatteranno. Si individuano solo le aree a maggior rischio e si comincia a seguirne attentamente la situazione. Sarà poi il nowcasting, cioè il seguire la situazione in tempo reale, a far scattare l'allerta vera e propria.
Anche in Italia bisognerebbe che un ente unico facesse questo (ad esempio l'ARPA regionale) e avesse il potere di emettere un segnale d'allarme alla popolazione (in USA interrompono le trasmissioni in tv per esempio), senza che questo debba essere percepito da altri enti (sindaco, comuni ecc.). Facendo in questo modo si risolverebbero i problemi di responsabilità (un ente unico, risponde solo lui della mancata allerta), oltre che essere un modo più efficiente e veloce per informare l'intera popolazione.




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